GALDINO DICE: I VINI PROIBITI. OVVERO RITORNO ALLA NATURA

di GALDINO ZARAlitografia_clinton

Nella seconda metà dell’ottocento in un periodo di circa 30 anni la nostra enologia (come tutta quella europea) fu devastata dai nemici mortali della vite: Oidio (1850), Peronospora (1870-80) e Fillossera (1879-1890), fu un’ecatombe. Si tentarono una serie di misure di contrasto e di lotta, ma con esiti inefficaci. Il problema venne risolto mediante l’innesto della vite europea (Vitis Vinifera) produttrice di qualità, su piede (radice) di vite americana e dei suoi ibridi resistenti agli attacchi della Fillossera, tale metodo è tuttora applicato. Si importarono la Vitis Labrusca, la Vitis Riparia,  la Vitis Rupestris, la Vitis Berlandieri, la Vitis Aestivalis, la Vitis Monticola, la Vitis Amurensis. La più antica specie di vite americana è la Vitis Labrusca, è sensibile alla Fillossera come apparato radicale per cui è piantata solo in terreni sabbiosi, mentre è indenne agli attacchi fogliari, è resistente all’Oidio e alla Peronospera. Arrivarono così: il Clinton dall’omonima cittadina USA dello Iowa, diffuso nel Veneto anche come Clinto, Crinto, Grinton, U Grintu, trattasi di un ibrido di Vitis Labrusca e Vitis Riparia, il Noah (Noè) detto anche Clinton Bianco, il Bacò ibridazione da Vitis Labrusca, Vitis Riparia e Vitis Vinifera orignario dalla Francia (sembra dai vigneti sperimentali dell’Università di Montepellier) e poi altri ancora come York – Madeira, Taylor, Otello, Seibel, Burdin. Hanno tutti in comune il colore rosso dal succo poco intenso e il caratteristico odore e gusto Foxy (volpino) cioè selvatico. Discorso a parte per l’uva fragola o Raisin de Cassis o Isabella originaria della Carolina del Sud diffusa sin dal 1816 partendo dalla cittadina di Prince dalla signora Isabella Gibbs da cui l’uva prese il nome. Trattasi di una Vitis Labrusca (ma per alcuni potrebbe essere un ibrido tra Vitis Labrusca e Vitis Vinifera) che arrivò  in Europa nel 1820, in Italia nel 1825, e quindi si diffuse ancor prima che sorgesse il problema della Fillossera. Immune alle malattie crittogamiche americane, di facile sviluppo per la sua rusticità e adattabilità ai terreni, fu piantata anche come ornamentale davanti alle case e nelle pergole. Produce un’uva molto apprezzata come frutto da tavola. Ha un aroma di lampone che ricorda lontanamente il moscato rosa e un profumo accentuato di fragola matura. Vitigni quindi che hanno salvato l’enologia europea, ma con quali risultati? “vino” troppo ricco di tannini e troppo basso di gradazione alcolica e di acidità, scarsa conservazione;  “vino” con presenza di notevoli quantità di ceneri, erano utilizzate come base per le adulterazioni. Il loro profumo, molto diluito, nei vini costruiti con l’aiuto dei fondacci può dare l’illusione di vino naturale. Si è parlato anche di sostanze cancerogene, ma forse il maggior pericolo per la salute dell’uomo è l’alcol metilico che nella fermentazione di questi mosti si forma in quantità notevoli per la ricchezza di cellulosa. Alcol metilico causa di cecità e di cirrosi epatica, anche se l’illustre professor Tullio De Rosa sosteneva che “bisognava berne un ettolitro al giorno per intossicarsi”, comunque sia sono vini che creano uno sgradito bruciore di stomaco. Quindi pollice verso da parte del legislatore nei confronti delle viti americane fin dall’epoca fascista: la legge del 23 marzo 1931 n° 376 vieta la coltivazione dei vitigni ibridi produttori diretti, la legge non riguarda l’uva fragola per la quale il divieto scatta con la legge n° 729 del 2 aprile 1936, mentre se ne consente nel contempo come produzione di uva destinata al consumo diretto. Con la Repubblica nel 1965 il Decreto del Presidente della Repubblica n° 162 in materia di frodi su vini e aceti proibisce la vinificazione di uve diverse dalla Vitis Vinifera. Seguirà un anno dopo, in maniera ancora più confusa, la legge del 6 aprile n° 207, una legge molto mal formulata che vuol dire tutto e niente: l’uva fragola poteva essere coltivata per produrre uva destinata al consumo diretto, non vi è alcuna sanzione per chi vendeva l’uva fragola come uva da tavola, la vinificazione dell’uva fragola è consentita, consentito porre in commercio il prodotto della vinificazione dell’uva fragola. Il fragolino prodotto non essendo vietato si potrebbe anche chiamare “vino”, ma è consigliato evitarlo e chiamarlo solo “fragolino” o “bevanda a base di uva fragola” essendo le norme comunitarie contrarie a definire vino tutto ciò che non è prodotto da Vitis Vinifera. E poi ci sarà l’adeguamento progressivo alle normative europee. Prima con il Regolamento n° 822/1987 che ha fissato l’elenco dei vitigni che possono essere utilizzati per la produzione di prodotti vinosi, in esso si prevede una deroga temporanea per gli incroci interspecifici (ibridi produttori diretti), poi con la legge italiana del n° 460/1987 nella quale viene stabilito l’obbligo di estirpare le viti proibite prevedendo una serie di pene pecuniarie a chi non ottemperasse a tale obbligo e infine il Regolamento n° 1493/1999 dela Comunità Europea che ha stabilito: “gli Stati membri compilano una classificazione delle varietà di viti per la produzione di vino. Tutte le varietà classificate appartengono alla specie Vitis Vinifera La classificazione non può applicarsi alle varietà seguenti: Noah, Othello, Isabelle, Jacquez, Clinton e Herbemont. Le varietà di viti per la produzione di vino non menzionate nella classificazione devono essere estirpate, tranne nei casi in cui la produzione è destinata esclusivamente al consumo famigliare dei viticoltori. Appare evidente che la legge 460 del 1987 è più restrittiva del Regolamento del 1999. Allo stato attuale la situazione è questa: è consentito coltivare l’uva fragola in tutto il territorio italiano “per il consumo famigliare dei coltivatori”, l’obbligo di estirpazione per i vigneti che superano l’estensione richiesta per destinare l’uva ad uso famigliare concerne solo le viti per la produzione di vino; non si applica alle coltivazioni destinate a produrre uva da tavola; è punibile chi mette in commercio vino fragolino prodotto da Vitis Labrusca (in Austria e Svizzera viene prodotto e consumato liberamente); non è punibile chi distilla uva fragola. E veniamo ad oggi, ovvero ai distillatori dei Proibiti.  La notizia è recentissima, 3 distillatori vicentini Marco Schiavo, le aziende Brunello e Capovilla  sono stati multati per aver distillato vinacce provenienti da uve Clinto in quanto il vitigno non è inserito nell’albo ufficiale riconosciuto dall’Unione Europea dei vitigni coltivabili. Il fragolino aveva ottenuto una deroga e da parte loro i francesi sono riusciti a lasciare il vitigno Bacò nel suddetto albo per produrre l’Armagnac. Due pesi e due misure? O, meglio, qualcuno è più furbo o ha più peso presso l’Unione Europea? Fate voi. Resta il fatto che il  proibito ha il suo fascino e in realtà alimenta un proprio mercato clandestino difficile da eliminare (?). I vini della memoria ci tramandano un passato fatto di ricordi, di sentimenti semplici e forti, di un mondo contadino che rivendica la propria autenticità e il proprio territorio. Di questi vignaioli nostalgici Villaverla (VI) è diventata la roccaforte e l’annuale festa del Clinto rappresenta l’occasione di un approfondimento tecnico finalizzato alla riabilitazione di questo vino. La provincia di Vicenza ha assegnato al Clinto la DE.CO. (Denominazione Comunale) da un’idea di Luigi Veronelli. Certo il legislatore è stato troppo severo e drastico, forse era preferibile concedere l’uso enologico di queste uve e sensibilizzare il consumatore sulla cattiva qualità e sui pericoli per la salute, rivendicando altresì gli innumerevoli storici vitigni di alta qualità delle nostre terre. Dopo quanto scritto permettetemi uno sfogo. Tutti i vigneti da Vitis Vinifera hanno bisogno di anticrittogamici, veleni e diserbanti (almeno fino a “ieri”), gli ibridi non necessitano di cure particolari e ci offrono “vini” per nulla contaminati e contaminanti da agenti inquinanti. Quindi… E per finire alcune righe di Ermanno Olmi dal suo libro “L’Apocalisse è un lieto fine” (Rizzoli):  ……“Un amico che ama coltivarsi il suo orto mi ha portato un vitigno di uva fragola e l’ho piantato davanti a casa, sul lato più esposto al sole, ben accostato al muro per proteggerlo dal gelo….E’ un vitigno importato dall’America e si chiama Clinton. Su questi nostri monti dai nomi tristemente memorabili, Monte Grappa, Ortigara, Pasubio, si sono combattute cruente battaglie della Prima Guerra mondiale. Le coltivazioni vennero devastate dalle bombe e avvelenate dal gas nervino. Tanto che i raccolti per diversi anni furono magri e più nessuna vite resisteva su quei terreni. Allora il governo americano spedì in Italia un vitigno incredibilmente resistente a ogni avversità. Non so quale fosse e quale sia oggi il suo nome. E’ accertato che quando scaricarono dalle navi i nuovi vitigni, sulle centinaia e centinaia di casse era ben visibile la scritta “clinton”. E cosa potevano sapere quei contadini veneti che quel “clinton” non era la denominazione del vitigno, bensì il nome dello spedizioniere?” Un particolare ringraziamento a Gampiero Rorato per il prezioso contributo della sua relazione sui “vini proibiti” al Convegno organizzato dalla FISAR il 29/4/2009 a Casarsa della Delizia (PN), dalla quale ho attinto alcune informazioni.

8 thoughts on “GALDINO DICE: I VINI PROIBITI. OVVERO RITORNO ALLA NATURA

  1. Bellissimo articolo. Mi piace molto la litografia pubblicata all’inizio del post, dove la posso recuperare? purtroppo ho provato ad ingrandire l’immagine ma non risulta leggibile 😦

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